Archivio

sabato 30 novembre 2024

IL CORPO di Vincenzo Alfieri

 


Rebecca Zuin, imprenditrice a capo di una grande industria farmaceutica, viene trovata morta, per infarto, dalla governante della casa dove lei e il marito Bruno, più giovane di alcuni anni, vivono. Misteriosamente però durante la notte il corpo sparisce dall'obitorio in cui si trova in attesa dell'autopsia. Viene incaricato delle indagini l'ispettore Cosser che intuisce che il caso è piuttosto complicato. Gioca molto con il genere thriller e investigativo il giovane regista Vincenzo Alfieri, classe 1986: dei tre film precedenti il più memorabile è senza dubbio "Gli uomini d'oro" del 2019. Per “Il corpo” riprende e sviluppa insieme a Giuseppe Stasi (“The bad guy”) il soggetto originale de "El cuerpo" di Oriol Paulo (“Contrattempo”) pellicola spagnola del 2012 che ha al suo attivo 3 remake tra Corea e India: presenti alcuni rimandi di atmosfere “horror” che molto piacciono in quei paesi, porte che sbattono improvvisamente, luce che se ne va di colpo, elettricità sfrigolante e poco altro. Elementi ripresi lievemente da Alfieri, quasi per omaggiare il film da cui proviene più che per un vero e proprio utilizzo. “Il corpo” è un buon noir intrigante e solido, ben scritto e montato che colpisce per l'originalità della vicenda e per il finale. Il tutto ancor più valorizzato dalla ottime interpretazioni di Giuseppe Battiston (che pare omaggiare più che il tenente Colombo la figura di Maigret), di una molto brava e perfetta nella parte Claudia Gerini, e dei molto convincenti Andrea Sartoretti e Amanda Campana, mentre un po’ fuori ruolo risulta essere Andrea De Luigi. Un film accattivante da vedere al cinema

venerdì 22 novembre 2024

ANORA di Sean Baker

La giovane Anora, detta Ani, lavora in uno strip club di New York e ogni tanto si concede ai suoi clienti per un extra. Nel locale incontra il russo Ivan, detto Vanja, giovane anch’egli che la travolge con la sua buffa (in senso “cool”) vitalità e la sua ricchezza sfrenata: per un po’ hanno degli incontri di sesso a pagamento nella casa, pardon nella reggia, del russo; in seguito lui le offre 15.000 dollari per una settimana durante la quale i due giovani si sposano e da quel momento la loro vita non sarà più la stessa. Sean Baker scrive, produce, dirige e monta il suo nuovo film. Regista indipendente e sconosciuto ai più, si è messo in mostra nel 2017 col bel film “Un sogno chiamato Florida” con Willem Dafoe interprete maschile principale. Nelle sue opere (questa è l’ottava, la terza uscita in Italia) sono spesso presenti personaggi che vivono ai margini della società o lavoratori del sesso. In “Anora” è espressa molto bene la volgarità dei tempi attuali che identifica la ricchezza con la felicità a dispetto del valore dei sentimenti che sono totalmente cancellati dall’abuso di sostanze e di sesso. La prima parte del film è incredibile, il montaggio rapido e fluente ci guida attraverso il folle e esagerato mondo di Vanja e il suo stile di vita ricco di eccessi. Nella seconda parte la storia si placa, in apparenza, e il ritmo è mantenuto costante da una tensione drammatica che lo anima fino alla fine. Baker sa scrivere e sa girare molto bene, le sue non sono immagini estetiche, nulla è lasciato al caso o all’improvvisazione, tutto è ben calcolato, anche la maestria nel miscelare la commedia al dramma. Il film vanta un cast di grandi attori sconosciuti: la strepitosa Mikey Madison (Oscar per Migliore attrice 2025)  interpreta la Anora del titolo, mentre gli attori russi Mark Ejdelstein (Vanja) e Jurij Borisov (Igor, e scoprirete chi è) sono noti in patria, ma ignoti nel mercato europeo e americano. Il film ha vinto la Palma d’Oro al festival di Cannes 2024 e meno male, perché altrimenti avremmo perso la possibilità di vedere questo gioiellino. Consiglio la visione in lingua originale, alcuni dialoghi sono in russo e si perderebbero le sfumature del linguaggio che in genere risulta appiattito e storpiato quando doppiato in italiano. Oscar a Sean Baker per Miglior sceneggiatura originale, film, regia e fotografia. Da non perdere, al cinema.

domenica 17 novembre 2024

GIURATO NUMERO 2 di Clint Eastwood

Il giovane giornalista Justin sta per diventare padre quando viene chiamato a far parte di una giuria popolare in una cittadina in Georgia. Il processo per cui viene convocato a deliberare riguarda un fatto avvenuto l’anno precedente ovvero l’omicidio di una donna perpetrato dal suo fidanzato. Durante il processo Justin si rende conto di essere implicato suo malgrado nei fatti svoltisi e dovrà decidere se far condannare l’uomo che sa essere innocente oppure il contrario. E’ sempre un piacere vedere un film diretto dal quasi centenario Clint Eastwood (il ragazzo ha 94 primavere) soprattutto se l’opera in questione ha un buon ritmo e montaggio e la vicenda è in grado di sollevare dubbi e domande. E’ il caso di questo ottimo “Giurato numero 2” che pesca a man bassa nel legal drama e ha il suo punto di forza nel contrasto tra menzogna e verità e il loro rapporto con la giustizia che, ricordiamo essere uno dei cardini della costituzione americana. “A volte la verità non è giustizia” dice un personaggio nel film e sembra quasi che Clint opti per una piuttosto che per l’altra. Costruito come un thriller è in grado di tenere col fiato sospeso e il prendere le parti del giurato numero 2 sottende la domanda: cosa farei io? In questo modo si genera una forma di empatia tra il personaggio del giornalista e lo spettatore che rimane “coinvolto” nella vicenda. Il tutto è semplice, sobrio, efficace. Attori tutti molto bravi, a cominciare da Nicholas Hoult (The menu, La favorita) per proseguire con la grande Toni Collette (che ci piacerebbe vedere di più) e poi J. K.  Simmons (Whiplash), il caratterista Chris Messina (Call Jane, The Sinner - tv) e Kiefer Sutherland. Un gran bel film, da non perdere (anche perché, a detta di Eastwood, potrebbe essere il suo ultimo da regista). Al cinema.

venerdì 8 novembre 2024

PARTHENOPE di Paolo Sorrentino



Nel 1950 Parthenope nasce in mare, a Posillipo, dove la madre la partorisce. Da quello stesso mare la rivediamo emergere, bella come una sirena, quando la giovane ha vent’anni. Insieme al fratello maggiore Raimondo e a Sandrino, figlio della governante della villa lussuosa in cui vivono, decidono di passare l’estate a Capri. Parthenope diventa consapevole della propria bellezza e della fascinazione che Sandrino prova per lei e intuisce anche l’ossessione di suo fratello, un desiderio che arriva quasi all’incesto. Sull’isola Parthenope è corteggiata da molti uomini che la vogliono e la tentano, ma più di tutti lei si avvicina allo scrittore John Cheever che le raccomanda di godere di tutto quel che la sua giovane età saprà procurarle. Durante la vacanza si concede a Sandrino causando la disperazione del fratello che si suicida da una scogliera dell’isola. Sconvolta, Parthenope torna a Napoli dove, a fatica, riprende gli studi universitari. Nel 1974, prossima alla laurea propone al professor Marotta, con cui ha sostenuto tutti gli esami del corso di antropologia, una tesi sul suicidio, ma l’accademico le propone di scrivere sull’impatto culturale del miracolo di San Gennaro. In seguito … L’ultimo film di Paolo Sorrentino racconta ancora di Napoli dopo il bello, riuscitissimo film precedente, quel “E’ stata la mano di Dio” che tanto faceva pensare a un grande ritorno del regista napoletano. Qui però il racconto di Parthenope ragazza e poi donna si fa simbolo di una città dalle mille facce, seducente e sedotta, povera ma a testa alta, sempre pronta a invocare al miracolo tanto da provocarlo. La città che non ama la propria napoletanità e la rifugge, la insulta, che mostra le cosche criminali e le loro faccende sconvolgenti. Pur avendo in sé la bellezza e le contraddizioni della città Parthenope film ci pare un po’ troppo. Troppo tutto: la parte del 1970 è tutta volta all’estetica: grandi vestiti, ambienti sfarzosi con finestre che si aprono sul mare, dai colori anche un po’ finti, grandi svolazzi di tende. D’accordo che tra le case di produzione compare la “Saint Laurent Productions” ma per i primi trenta minuti, o giù di lì, sembra di assistere a un lungo spot di un profumo o di un abito. Noioso. Poi la storia ha inizio, si ha un po’ di respiro dall’estetica a tutti i costi. E però arriva la simbologia: Luisa Ranieri trasformata in una brutta copia di Sofia Loren, Isabella Ferrari ricoperta da una maschera sul viso, poi la brutta scena dell’accoppiamento tra giovani di famiglie di camorra differenti, per arrivare a una strana creatura dall’aria garroniana che suscita domande e poco convince. Divertenti invece le scene con il professore universitario, un grande Silvio Orlando: questo è l’unico elemento bello (senza estetismi) e naturale, così come naturali sono le scene con John Cheever (un monumentale Gary Oldman). Per il resto tutto sembra finto, posticcio, farlocco: dai dialoghi, alle immagini, al mare troppo blu/verde, ai colori pastellati d’arancio. Nel cast molto brava, oltre che bella, Celeste Dalla Porta; inoltre Stefania Sandrelli, Peppe Lanzetta, Nello Mascia. Presentato al cinema avrà un passaggio successivo anche su Netflix dove, se proprio vorrete, potrete vederlo.

sabato 2 novembre 2024

IL TEMPO CHE CI VUOLE di Francesca Comencini

 


Francesca Comencini scrive e dirige un film autobiografico, sulla figura del padre Luigi e del rapporto avuto con lui fin dall'infanzia. In seguito, mentre il paese è martoriato dagli anni di piombo e dalla ribellione contro sistema e famiglia, la giovane combatte contro la tossicodipendenza in cui è caduta. Per questo è aiutata dal padre che mette da parte il proprio lavoro  e la porta a Parigi per "il tempo che ci vuole" a curarla e a farla star bene. Forse discutibile ma di grande effetto l'operazione in scrittura e shooting del rapporto che Francesca ha avuto col genitore: esclude dal racconto la madre e le tre sorelle per sottolineare l'importanza esclusiva della relazione che riguardava solo lei e il padre. Ne esce un ritratto mirabile di un uomo di altri tempi, un signore gentile ma deciso nel far rispettare i diritti suoi e della figlia. Già Truffaut (e molti altri dopo di lui) ci avevano mostrato la bellezza del cinema che racconta e mostra il cinema: al pari qui Francesca Comencini ricorda la sua partecipazione da bambina a “Le avventure di Pinocchio”, famoso sceneggiato tv scritto e realizzato dal padre con Manfredi, Lollobrigida, Franchi e Ingrassia. Così come la vediamo sul set del film di Luigi Comencini “Un ragazzo di Calabria” sceneggiato insieme al padre. Il punto di forza della pellicola è proprio “Il tempo che ci vuole” a mostrare la bellezza dell'innamoramento psichico che una figlia può avere per il padre. Ne esce l’immagine di un rapporto commovente e emozionante, così come emozionanti sono i due fantastici interpreti, Fabrizio Gifuni e Romana Maggiora Vergano. Da vedere. Al cinema.