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sabato 28 giugno 2025

SCOMODE VERITA' di Mike Leigh



Pansy è una casalinga sempre in lotta col prossimo: il marito, il figlio obeso e affranto dalla solitudine, lo sconosciuto nel parcheggio o al supermercato. La sua è una vita straziata e straziante (come l'urlo con cui si apre il film, lei sola nella sua camera che vive come un rifugio che la protegge dal mondo) soffocata dalle paure e dall'ansia costante di un non ben precisato pericolo. I suoi modi aggressivi la rendono odiosa e antipatica. Le fa da contraltare la sorella Chantelle, parrucchiera solare che non alza mai la voce, si prodiga in consigli per le clienti, le colleghe e le figlie ed è benvoluta da tutti. Mike Leigh scrive e dirige un ottimo film dove all'apparenza succede poco. In realtà, al di là della (non) vita di Pansy punta il dito e la trama sullo stato interiore della donna. Mostrare il fuori per arrivare al dentro, catapultandoci a piedi uniti nel dolore e nelle paure più profonde di una donna che vede il mondo come qualcosa di incontrollabile, dove tutto (persino un uccello nel giardino spoglio) è spaventoso e necessita o di un aiuto esterno (il marito che scaccia il volatile) o di una perfetta noncuranza. A questo proposito ottimo l'esempio del figlio Moses che per la festa della madre le regala con tenerezza un mazzo di fiori che la donna tratta con ripugnanza: anche il più semplice gesto dell'altro è vissuto come un atto terroristico. Motivo per cui sia Moses che il padre sono schiacciati da questa divorante figura di donna, tanto da non sapere bene cosa fare e da rinchiudersi in un mutismo desolante. Le motivazioni del terrore di Pansy saranno sfiorate nel film e non le svelerò qui. Il regista ottantaduenne inglese dirige con mano lieve ma precisa un'opera tesa e drammatica. Ancora una volta (dopo “Segreti e bugie”) la famiglia e i suoi componenti sono il punto di partenza su cui si focalizza la lente del regista. Che regala a Marianne Jean-Baptiste un ruolo da grande interprete (che le è valso il premio Attrice dell’anno 2024 del London Critics Circle Film Awards), proprio lei che aveva debuttato nel 1996 con Leigh nello splendido già citato "Segreti e bugie" (se non lo avete visto recuperate questo piccolo gioiello!). Anche gli altri attori sono in stato di grazia, tutti. Consigliatissimo. Al cinema.

mercoledì 18 giugno 2025

IL MAESTRO E MARGHERITA di Michail Lokshin



Mosca, 1930: il Maestro, celebre autore di testi teatrali attraversa un periodo di crisi. La sua opera, incentrata sul rapporto tra le figure di Ponzio Pilato e Gesù, viene fortemente osteggiata dal governo tanto da essere sospesa a pochi giorni dalla prima. Inizia allora a scrivere un'altra storia che riguarda l'ipotetico arrivo del Diavolo a Mosca. Fedele trasposizione del romanzo omonimo di Michail Bulgakov, il film di Michail Loksin, da lui sceneggiato con Roman Kanton, è una buona prova di messa in scena di una storia dentro un’altra. Infatti la scrittura del Maestro prende forma e diventa essa stessa immagine e storia all'interno del film. Che è molto godibile e a tratti ironico, anche se pecca troppo di spettacolarizzazione negli insistiti effetti speciali. Il film però emoziona e dona nuovo vigore alla scrittura di Bulgakov. Il libro, scritto tra il 1929 e il 1939 venne censurato e "liberato" solo nel 1969. Senza manierismi o fronzoli, il regista dirige con mano decisa gli attori, muovendoli con cura e prendendosi il tempo necessario per il suo racconto. Ottimo August Diehl, attore tedesco di nota bravura (Bastardi senza gloria) nel ruolo del Diavolo Woland, e altrettanto bravi Evgenij C'igardovic (nel ruolo del Maestro) e Julija Snigir (Margherita), così come i comprimari. Un buon film, campione di incassi in Russia e tuttavia fortemente osteggiato da alcuni ufficiali del governo che si sono lamentati delle idee del regista verso la guerra in Ucraina, e che hanno accusato il film di propagandare idee anti Russia. Molto consigliato. Al cinema.

sabato 14 giugno 2025

FINO ALLE MONTAGNE di Sophie Deraspe



Mathyas è un giovane quebecchese che si trova in Francia, a Arles. I soldi sulla carta di credito stanno per finire e lui ha deciso di non tornare in Canada e al suo vecchio impiego nel marketing ma di inseguire il suo sogno: diventare pastore. Per questo si mette in contatto con alcuni allevatori locali di pecore offrendosi come apprendista. Lo scopo sarebbe imparare e scriverne un libro. A volte è molto piacevole guardare un film dalla trama apparentemente noiosa con attori e regista pressoché sconosciuti. Si hanno meno aspettative e ci si può lasciare andare a un semplice sguardo. Eppure l'opera di Sophie Deraspe, esponente pluripremiata (il suo "Antigone" del 2019 ha riportato vari premi in ogni angolo del mondo) della nuova scena in Quebec è tutto meno che noiosa. Ha un gran bel ritmo e la storia è avvincente, sembra un film di avventura dove la natura violenta degli uomini fa da contraltare alla natura spietata dei luoghi e della fauna. In questo senso la visione romantica di Mathyas si infrange contro la realtà delle cose di un mondo di cui ha solo letto e non sperimentato sulla propria pelle. Il giovane cerca il lavoro duro per arrivare alla terra e all'essenza della stessa e della natura ma il suo (e il nostro) sguardo muterà nel corso degli eventi. Un film bello, nel senso più puro della parola, senza fronzoli né manierismi, la camera si perde a volte in campi lunghissimi ma mai fissi e si fa respiro facendoci entrare direttamente nella storia. Scritto dalla regista e da Mathyas Lefebure la sceneggiatura è l'adattamento del racconto semi-autobiografico "D'où vient tu berger?" dello stesso Lefebure. Ottimi gli interpreti Felix-Antoine Duval e Solène Rigot. Un film convincente e realistico da vedere al cinema.