Hirayama è un uomo di mezza età che conduce una vita tranquilla e routinaria: la mattina si alza, prende il suo furgoncino e va al lavoro, durante la pausa mangia un tramezzino al parco e fotografa la luce che filtra tra gli alberi, finito il lavoro torna a casa, smette gli abiti di lavoro, prende la bicicletta e va al bagno pubblico a fare la doccia e a rilassarsi nella vasca comune, poi va a mangiare, sempre nel solito posto, torna a casa, legge un libro e poi dorme. I giorni si ripetono sempre uguali, eppure diversi. Tornato a Tokyo a quasi qua-rant’anni da “Tokyo – Ga”, Wim Wenders, un giovanotto di settantotto primavere racconta la storia di un uomo comune che vive solo e che ama leggere libri usati, ascoltare musica anni 60-70 su audiocassette e fare fotografie agli alberi con una macchina analogica per cogliere il “komorebi”, che in italiano non si traduce con una sola parola, ma assume il si-gnificato non solo di catturare la luce che filtra attraverso gli alberi, ma anche un momento molto intenso dell’animo, capace di dare una sensazione magica e malinconica. Sensazioni che pervadono questo bellissimo film, scritto in collaborazione con Takuma Tarasaki, un’opera che parla della bellezza della vita di tutti i giorni. La si vede nello sguardo pieno di meraviglia del protagonista (uno straordinario Kôji Yakusho, Miglior Attore a Cannes 2023) che, ogni volta che esce di casa ha il volto sorridente rivolto al cielo, come a saggiarne la poesia e le possibilità di una nuova giornata. Wenders omaggia Ozu chiamando il suo personaggio con lo stesso nome del protagonista dell’ultimo film del grande regista giapponese. Grande risalto e importanza ha la colonna sonora (come in tutti i film di Wenders): The Animals, Patti Smith, The Rolling Stones, The Velvet Underground, Otis Redding, The Kinks, Van Morrison, Lou Reed, Nina Simo-ne, praticamente un tuffo negli anni ’60. Perfect days è un film che cresce piano e che si fa largo nell’animo dello spettatore (s)travolgendolo con grande forza, tanto da lasciar senza fiato e senza parole. Un vero capolavoro. Al termine dei titoli di coda il significato della parola “komorebi”. Da non perdere. Al cinema.

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