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venerdì 31 maggio 2024

IL CASO GOLDMAN di Cédric Kahn

 


Francia, 1976. Pierre Goldman è un attivista di estrema sinistra condannato in primo grado all’ergastolo per una serie di rapine compiute a Parigi pochi anni prima, una delle quali ha portato all’omicidio di due farmaciste. Goldman confessa le rapine ma proclama la propria innocenza rispetto ai due omicidi. Il film segue il secondo processo contro l’estremista. Se temete che un film di quasi due ore che si svolge interamente (a parte la scena iniziale del dialogo tra i due avvocati difensori di Goldman) in un’aula processuale sia noioso o abbia cali di ritmo vi sbagliate di grosso. Cédric Kahn (“Roberto Succo”, “Luci nella notte”) dirige un notevole procedural drama, molto parlato ma anche adrenalinico. Certamente merito della scrittura realizzata, oltre che dallo stesso regista anche da Nathalie Hertzberg: i due hanno ricostruito il processo basandosi sugli articoli dell’epoca, sui testi dei due processi, sul libro “Memorie oscure di un ebreo polacco nato in Francia” dello stesso Goldman (in cui spiegava la “sua” verità) e su alcuni elementi scoperti in fase processuale. Se ne ricava un ritratto anche sociale e politico dell’epoca (quella delle rivolte del maggio ’68 e degli scontri tra militanti e polizia), un’opera che cerca di mettere lo spettatore nei panni di un giurato che deve capire come si sono succeduti gli eventi e se le deposizioni dei testimoni sono da ritenersi attendibili. Inoltre è un film in cui la dialettica e l’uso (improprio e non) delle parole assume un’importanza rilevante. Il protagonista Pierre Goldman è interpretato da un incredibile Arieh Worthalter, attore franco-belga già visto in “Stringimi forte” e nel recente “Niente da perdere). Il ruolo dell’estremista gli è valso nel 2024 i premi César, Magritte e Lumière come miglior attore. Nel ruolo dell’avvocato difensore troviamo il bravo Arthur Harari (cosceneggiatore di “Anatomia di una caduta” insieme alla compagna, la regista Justine Triet). Un film imperdibile, da vedere possibilmente in lingua originale per non perdere neanche una sfumatura della recitazione. Al cinema.

venerdì 24 maggio 2024

I DANNATI di Roberto Minervini

 


Durante la guerra di secessione, nell’inverno del 1862, un piccolo distaccamento di uomini viene inviato a nord in una zona di confine, per perlustrare e mappare le terre ancora sconosciute. Soli, in attesa della cavalleria, organizzano turni di guardia verso un invisibile nemico, giocano a carte o a baseball, puliscono pistole e fucili e parlano: del perché si sono arruolati nell’esercito, della guerra, di Dio e di religione. Alcuni soldati sono maturi e  esperti, altri sono giovani che hanno sparato solo a conigli e scoiattoli. Giunto al sesto film, Roberto Minervini “abbandona” il documentario dei suoi film precedenti (su tutti svetta “Stop the Pounding Heart” del 2013) concentrandosi su una finzione documentaristica che rende ricca di significati politici rispetto all’attuale situazione americana. L’America è, per il 54enne marchigiano, il paese d’adozione, quel paese che lui ha spesso mostrato nei suoi momenti più bui (soprattutto “Louisiana” e “Che fare quando il mondo è in fiamme?”) Questo, più che un film di guerra è un film sulla guerra, su qualunque guerra, sulle sue brutture e sui momenti tranquilli. Un film che nei dialoghi ne ricorda altri (da “La sottile linea rossa” a “Il deserto dei tartari”), in cui apparentemente non succede nulla. E se il nemico è invisibile, in America, come in Vietnam o nel deserto è perché potrebbe anche non esserci o essere dentro di noi. Minervini dirige un’opera convincente e bella dai colori lividi, poetica e brutale come la sequenza iniziale, quella in cui due lupi banchettano con la carcassa di un animale che ci ricorda una frase di Plauto, ”Homo homini lupus” (ogni uomo è un lupo per un altro uomo). Premiato come miglior regia a Cannes nella sezione “Un certain regard”. Un buon film dal buon ritmo, da vedere. Al cinema.

giovedì 16 maggio 2024

CONFIDENZA di Daniele Luchetti

 


Pietro (Elio Germano) è un insegnante di un liceo alla periferia di Roma che intesse una relazione con l’ex studentessa Teresa (Federica Rosellini). Tra i due nasce una storia d’amore appassionata, ma la ragazza cerca un legame maggiore con il suo amante e gli chiede di fare una sorta di gioco: ognuno deve raccontare un segreto terribile della loro vita, qualcosa che nessuno ha mai osato rivelare e che potrebbe, se scoperto, rovinare la propria vita. Saputo il segreto dell’uomo, Teresa si allontana e lo lascia. Pietro si rifa una vita, sposa una collega insegnante, mentre Teresa si trasferisce in America per svolgere i propri studi in matematica che la faranno diventare una luminare di fama mondiale. Saltuariamente si rivedono o si sentono, divisi nella vita ma uniti dal loro segreto. Daniele Luchetti ritrova Domenico Starnone (autore del libro omonimo) e Francesco Piccolo (coautore della sceneggiatura) anche in questo brillante e azzeccato nuovo film (dopo il precedente “Lacci”, del 2020). L’idea è geniale: partire da un segreto e sulla base di questa rivelazione costruire la trama di una vita basata sul dubbio, sulla paura, sull’angoscia che tale confidenza possa essere rivelata. In questo senso Luchetti “costruisce”, fin dall’inizio del film, alcune scene irreali, scaturite dal’immaginario perverso di un uomo impaurito e angosciato che ha fatto del terrore la propria vita. Si indaga con notevole arguzia il rapporto di forza che può far parte della vita di una coppia e come la troppa intimità possa risultare opprimente. In questa direzione sembra andare il film, appassionante e interessante, dove il legame imprescindibile tra paura e amore diventa reale e minaccioso, dando un’impronta thriller (dei sentimenti) dal ritmo serrato. Luchetti affida all’ottimo e fidato Elio Germano il ruolo di Pietro mentre per la figura di Teresa ricorre alla semi sconosciuta Federica Rosellini, tanto brava quanto inquietante, capace di terrorizzare Pietro con poche parole. La musica originale è composta da Thom Yorke (frontman dei Radiohead). Un gran bel film da non perdere. Al cinema.

lunedì 6 maggio 2024

CHALLENGERS di Luca Guadagnino

 


Patrick e Art sono due talentuosi giocatori di tennis che dopo aver vinto la finale di doppio giovanile del torneo US Open incontrano Tashi, astro nascente del nuovo tennis femminile e ne restano molto attratti. Poiché il giorno dopo i due ragazzi dovranno giocare uno contro l’altro nella finale del torneo giovanile Tashi promette il proprio numero di telefono al vincente. Dal momento che i due sono molto legati tra loro la proposta della ragazza inizia a minare il loro rapporto di profonda amicizia trasformandolo in una rivalità che continuerà negli anni a venire. Tranquillizzatevi, il nuovo film di Luca Guadagnino non è esclusivamente sul tennis. Lo sport in questione viene usato per raccontare una storia di amicizia e amore, di prime esperienze, di sentimenti travolti, un coming of age particolare che ricorda, per certi versi, l’eccezionale “Jules e Jim” di Francois Truffaut: anche lì i due amici sono attratti dalla stessa ragazza e vivono un rapporto a tre che rinsalda l’amicizia tra i due uomini. Sono passati più di sessant’anni dal capolavoro del maestro francese e nessuno si scandalizza più per film che parlano (peraltro in “Challengers” piuttosto velatamente) di relazioni triangolari. Il punto è che nel film di Guadagnino tutto è ben misurato, forse anche troppo, e l’operazione sembra studiata a tavolino, tralasciando la parte empatica che è poi quella che nei film colpisce di più lo spettatore. Che qui rimane colpito (o meglio dire stordito) dalla musica elettronica di Trent Reznor e Atticus Ross (Nine Inch Nails) lanciata a tutto volume per buona parte del tempo per creare contrasto con immagini pacate, e spesso, al rallentatore. E’ un peccato, perché Guadagnino sa filmare, è bravissimo nel tenere alto il ritmo, la sceneggiatura fila liscia come l’olio, tutto scorre tra i vari sbalzi temporali (e umorali) della storia. Eppure si arena, non colpisce con la potenza della palla da tennis sparata a tutta forza da una parte all’altra del campo. Tra gli interpreti spicca uno strepitoso Josh O’Connor (Patrick) mentre vari passi indietro rimangono Mike Faist (Art) e Zendaya (Tashi) qui anche nella veste di produttrice. Nonostante l’impressione di un’occasione persa è un film che merita la visione. Al cinema.

 

mercoledì 1 maggio 2024

IL CORAGGIO DI BLANCHE di Valerie Donzelli


 

Blanche (Viginie Efira) incontra Gregoire (Melvil Poupaud) e, pensando di aver trovato l’uomo giusto, dopo una breve relazione lo sposa. Adducendo motivi di lavoro l’uomo le dice che devono trasferirsi nel nord est della Francia e la donna, per amore, accetta di abbandonare la cittadina di mare in cui ha sempre vissuto. In seguito, Blanche scopre che il trasferimento è stato richiesto dal marito e capisce che l’uomo la vuole tutta per sé, senza condividerla con la famiglia d’origine o con le colleghe del lavoro. All’inizio è lusingata da questa attenzione rivoltale ma ben presto si rende conto che tutto è motivato dalla grande gelosia di Gregoire, un sentimento pieno di ansia, sospetto e insicurezza che lo porteranno a conseguenze estreme. La regista Valerie Donzelli (“La reine des pommes”, “La guerra è dichiarata”) ha spesso guardato alle donne e alle problematiche legate all’amore. Qui si interessa di come una donna che subisce una vita piena di dubbi, di gelosia e di minacce cerchi di liberarsi da una tale schiavitù e possessività in cui il marito la rinchiude. Seguendo il libro da cui trae origine (“L’amour et les forets” di Eric Rheinhart) è interesse della regista mostrare come Blanche sia caduta nella trappola d’amore di Gregoire e come  sia riuscita a evitare che la sua storia si trasformasse in un femminicidio. C’è grande ritmo e tensione degna di un thriller, in questo caso psicologico. Presentato a Cannes 2023 la pellicola, che si avvale delle ottime interpretazioni di Virginie Efira e di Melvil Poupaud esce in Italia con un anno di ritardo. Un’opera interessante e emozionante, resa forte da un’ottima sceneggiatura che convince (premiata come Miglior sceneggiatura non originale ai recenti Cesar 2024). Da non perdere. Al cinema.